lunedì 11 gennaio 2010

Testa di Mago


Passi su un asfalto freddo, i miei stivali scricchiolano e sfregano. In un’ora dove neanche più le auto hanno voglia di star sveglie, un freddo fermo, niente vento, niente pioggia, eppure il fiume sotto il ponte che sto passando si lamenta ugualmente, sa di rabbia il suo infrangersi, unico frastuono nella notte…

Nemmeno un pipistrello squittire paura si sente.

Mi fermo a metà dell’arco, mi sporgo, guardo giù: sporco e iracondo, fatto da mille punte schiumose, sembrano taglienti, lame in movimento di chissà quale medioevale marchingegno di tortura.

Sembro star lì a cercare il coraggio di farla finita, inghiottito da quella furia, invece no. Essere così vicini al fiume, a ciò che in un attimo potrebbe diventare la fine fa pensare nel modo più sincero e forse beato ch’esiste, anche se si pensa al pesante della vita che vivi.

Un timido soffio mi sfiora il viso, passando proprio di lì, pregandomi di tornare in me… Abbasso il cilindro più sugli occhi per nascondere magari una lacrima che scende al “Nessuno”, troppo fiero anche per mostrare debolezza a lui.

Malditesta.

Ripenso alla trapezista, compagna di danze improvvisate, di lunghe chiacchierate, di rituali vizi, di colorate fantasie. Ultimamente tristemente lunatica. Onde di assente tristezza spazzano via i suoi sorrisi, come quelli che bianchi si deformano in aria durante i suoi volteggi. Tanti pensieri l’infastidiscono, piccoli acciacchi la rallentano. Ma non la fermano. Attendo di rivederla piroettare in aria, compiaciuto sbuffando dal mio sigaro mentre aspetto il mio turno, il mio spettacolo.

Eff e le sue fitte sempre più rare. Sta migliorando il nano. Tornerà presto in campo, lo so. Già riprendono i divertenti teatrini solo lui capace di creare, anche fuori dal cerchio. Si riprende ad uscire, a darsi all’alcool, divertenti deliri, vera vitalità .

Offro un pensiero anche ad altre amicizie, alcune perse per strada, col tempo, altre ancora tiepide. Penso a come stupidamente ripenso a loro nei momenti più sbagliati, o a volte troppo tardi. Mi chiedo perché lo faccio, perché rendersi conto, ricordarsi solo in ritardo di come si sta bene con certe persone. Spero di rivederle. Di esser cambiato tanto, da esser io, di tanto in tanto, a prendere l’iniziativa.

Mi maledico.

Il malditesta si allevia un po’.

Viaggi mentali a ritroso. Classico “pensare alla vita”.

Rischio di prendermi un accidente. Torno in me, nel mio sguardo malinconicamente fiero. Il mio spettacolo m’attende.

La magia.

Ripiego nel mio mantello nero e bordeaux.

Seguo la linea bianca in mezzo alla strada e mi perdo nella notte.

Oltre l’ultimo lampione accesso, già tuttuno il mio vestito nero col nero della notte.

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